martedì 26 ottobre 2010

Il mistero della morte di Michele Bonaglia (parte prima)

Sono i primi giorni di Marzo , tra poco arriverà la primavera la stagione più bella e tanto attesa . Rifioriranno i colori, gli alberi prenderanno vita ,i rami spogli si vestiranno di foglie e di colori e l’aria sarà profumata come la vita dei monti . La neve è andata via da poco, ma la valle è cosparsa di nebbia spinta su dalla grande città come se laggiù fosse soffiata da mille bocche .
Oggi, secondo giorno di Marzo, è una mattina nebbiosa e fredda. L’aria punge la carne come tanti aghi.
Ha piovuto come Dio comanda a catinelle per giorni e giorni e la terra profuma di odori strani. Poi il tempo, improvvisamente si è rimesso in carreggiata,una striscia di sole, e nuvole basse ed infine la nebbia .
Da lontano si ode il rombo del cannone e il dirompere dei bombardamenti su Torino distrutta per una sua buona metà.
Quanto finirà mai questa inutile e tragica guerra .
Druento è un paese che è un buco nel mondo, uno sputo di terra in provincia di Torino.
:E’ il paese dove sono nato dove cammino, il rifugio dopo il girovagare per il mondo .
Ora sono vecchio e stanco e la vita mi sta sfuggendo dalle mani anche se ho nemmeno quarant’anni e Druento mi ha sempre accolto con applausi e insulti . Sono stato per anni il personaggio più popolare di questo borgo lontano dalle metropoli che metà degli italiani nemmeno conosce .
I paesani mi indicavano con il dito alzato .
- Michelone campione dei campioni -
Le marmocchie le ragazzole mi guardavano con ammirazione e sorridevano di nascosto ai fidanzati ai genitori :Ho visto il mondo,il meglio e il peggio dell’esistenza degli uomini . L’Argentina la Germania i mangia patate,l'Inghilterra e l’America grande come il mondo .
Oggi esco dalla sede del Municipio e vado verso casa
Sono le dieci di sera , un lampione , l’unico acceso della piazza di sbilenco illumina un angolo della piazza . Mi alzo il bavero della giacca e cammino a testa bassa .
Due tipi sbucano dalla nebbia come fantasmi che si sono materializzati dal niente .
Sono due tipi strani, mai visti in paese:, forse vengono da fuori , forse sono figli di una buona donna che mi chiedono un autografo .
Macché sono 10 anni che non salgo sul ring e questi due tipi sconosciuti non mi conosceranno di sicuro .
- sei Bonaglia ?” - mi apostrofa uno
Mi fermo e ho il tempo di osservarli.
Chi ha parlato e più piccolo di me,di una spanna. Ha la barba lunga di un colore che sembra dipinto con la peluria che appare incolta più corta sotto il naso .
Porta un cappello che gli copre meta della massa di capelli di un rosso sbiadito come la barba. Gli occhi cattivi con uno sguardo che ha qualcosa di strano, di forestiero, forse slavo, Ha occhi freddi vendicativi portatori di disgrazie, come i tipi che sono in lotta con il mondo . Nel pugilato , nel boxing ne trovi ad ogni angolo del mondo , balordi in cerca di un grammo di notorietà e in cerca di un applauso che non viene mai .
Il tipo ha le mani in tasta dentro un giaccone di stoffa grezza e poco pulita .
Il suo compagno è un perticone magro con le ossa che le spuntano da tutte le parti .
Non dice una parola forse è muto, forse non ci sta con la testa solamente scuote il capo coperto da un berretto di lana e apre la bocca in un mezzo sorriso che sa di idiozia .
Guardo l’altro quello che mi ha chiesto chi sono .
- Bonaglia il campione . - rispondo
Il bassotto ride, spalancando una bocca troppo grande per quel viso quadrato a forma di finestra .
  • Campione dei miei coglioni- ribatte ridendo di nuovo .
    Mi viene la mosca al naso, mi prudono le mani e stringo i pugni per preparare uno di quei colpi che ha steso tanti campioni sul ring .
- Sei condannato a morte . Sei uno sporco fascista torturatore di compagni !
Le parole sono come sassi che rotolano dalla montagna , sono come pietre angolate che ti colpiscono e mi fanno male perchè , a differenza di tante persone che consoco non ho mai toccato un prigioniero, ne sputato per terra al loro passaggio .
Sono sempre stato abituato a picchiare sul ring , a battermi con tipi alla pari, mai contro persone che non possono difendersi . E’ da vigliacchi .
Dite quello che volete , sparate bugie, ma non andate mai in giro a raccontare che Michele Bonaglia è un vigliacco che rompe le ossa a dei poveri Cristi indifesi .
Le ossa le spaccavo agli avversari , per questo i giornalisti hanno scritto che sono uno “Spaccaossa” uno che nella battaglia, nella lotta, non va per il sottile .
Quel tipo con la faccia da slavo, ghigna ancora le labbra e improvvisamente come se attendesse un ordine misterioso estrae dalla tasca una specie di cannone ,un revolver antidiluviano, vecchio come le montagne .Come un prestigiatore , la mano che prima era vuota , chiusa nella tasca ora appare armata da quell’arma sputa fuoco che tiene in mano .Ancora un ghigno poi il dito tozzo spinge con forza sul grilletto ed escono in fila indiana tre pallottole . La prima mi penetra nella spalla, vicino al collo, la seconda più in basso e la terza in testa a metà della fronte .
Il rumore dei colpi è così forte che i due quasi si prendono paura.
L’ultima cosa che vedo è la mano che impugnava la pistola che trema e gli occhi del bassotto che si riempiono di felicità.
Nell’attimo che sto per cadere, una folata di vento mi asciuga una lacrime e .ho l’impressione che la mano di mia figlia mi accarezzi e tenta di fermare il sangue che esce dalle ferite .
I due corrono lontano, i loro passi veloci sfidano la nebbia .
Io sono a terra , respiro forte, cerca d aggrapparmi alla vita, per tenerla con me il più possibile , non voglio morire , ho una famiglia sono giovane , amo la vita . Accidenti a quel scemo che mi ha sparato, che c’entra lui con me, non ci siamo mai visti, non lo conosco. Come si permette di sparare a uno che vede per la prima volta che non sa nemmeno che ho fatto nella vita .
Solo perché indosso una camicia nera ? Accidenti a te .Poi quella frase stupida e vuota
“Sei condannato a morte
Ma cavolo, chi mi ha giudicato? Chi mi ha processato? Cosa sanno di me ?
Non mi piace morire così con la nebbia il freddo, ora che il tempo si è messo al bello . Non voglio lasciare la mia famiglia, mia figlia, la casa la donna che ho portato all’altare . Accidenti a loro .
Nessuno viene ad aiutarmi a sorreggermi : Qualcuno deve portarmi all’ospedale è un dovere , ma rimango solo nel vuoto di un giorno di nebbia .
Osservo il sangue che mi esce da tutte le parti meravigliandomi di averne così tanto .
La testa mi fa un male del diavolo, un dolore che non è quello dei pugni ,ma che si espande da tutte le parti e mi toglie il respiro .
Dove sarà mia moglie? Mia figlia? Gli amici? Perché mi lasciate solo, aiutatemi . Con il corpo steso a terra gli occhi rivolti al cielo in un baleno la mia vita, la mia sporca vita mi passa davanti agli occhi nitida , precisa con i colori stampati nel cielo . Michele Bonaglia, lo “spacca sassi” il campione , il pugile mai dome .
Il ring , le vittorie , i viaggi , le truffe le delusioni , la felicità , tutto mi si espande nel cervello mescolato al dolore, alla morte che mi sta stringendo a se .
Non è così che volevo chiudere il conto con la mia vita, avrei preferito chiudere gli occhi sul ring dopo una sfuriata di pugni presi e dati ,come muoiono i campioni . Questa chiusura della vita rappresenta un quadro dei più brutti che un pittore possa dipingere .
Mi pare di vederli i titoli dei giornali domani .
“Michele Bonaglia freddato da due sconosciuti davanti a casa
Michele Bonaglia ex campione ucciso per sbaglio
“L’ex campione Michele Bonaglia freddato da due partigiani
Partigiani ? Ma che cavolo scrivono?
Quelli sono banditi che amano sparare tanto per fare qualcosa .
Partigiani? Ma che c’entro io con loro?
Due faccie da galera con il revolver in tasca che vanno in giro a sparare alle persone che hanno famiglia e che si fanno gli affari suoi .
Due persone che si presentano e nemmeno ti lasciano il tempo di replicare di parlare di capire il perché ti puntano un cannone in faccia .
Ma che scherziamo?
Va bene che siamo in guerra , ma si spara al fronte non per la strada a persone che camminano in santa pace.
Dall’osteria che è a pochi passi non esce nessuno, la paura degli spari ha tagliato le gambe a quelli che vociavano la dentro .
Nessuno viene ad aiutarmi a sollevarmi il capo, a togliermi da questa posizione ad asciugarmi il sangue che mi esca da tutti i buchi.
Sento la vita che mi lascia . Il corpo è freddo , il sangue continua ad uscire , e nessuno viene a soccorrermi .Nemmeno un volto di persona si china su di me . nemmeno un prete che mi benedice prima di salire in cielo . Ecco un rombo di un cannone , lontano che rompe il silenzio. E’ il tuono della guerra che si combatte lontano, ma anche vicino, dalle mie parti su di me .
Il freddo ora è intenso , sono leggero senza più nulla addosso . Forse sto salendo il cielo, ma da lontano odo il fragore della folla attorno al ring che grida il mio nome che batte le mani che urla e grida .
Campione!
Campione !
E l’arbitro che mi alza la mano che mi indica campione .
Si li sento grazie per ricordami un soffio della mia sporca e gloriosa vita .
Grazie .


martedì 5 ottobre 2010

Addio ultimo tram

Ogni volta che passo da Piazza Minghetti, mi fermo a guardare dove a ridosso della siepe che delimita il giardinetto, c’era, e c’è ancora la fermata dell’autobus che porta a San Ruffillo.
Una volta era il tram , il n° 13 e faceva appunto capolinea quasi sotto il monumento al buon Minghetti che saluta con il cappello in mano .
Nel freddo mattino del 3 Novembre 1963, l’ ultimo tram a fili elettrici di Bologna partì appunto da quel capolinea per dirigersi verso la periferia lungo la direttrice Santo Stefano, via Murri (allora via Toscana), poi Chiesa Nuova e San Ruffillo ma questa volta, come un sogno che svanisce alle prime luci dell’alba, non tornò più .
L’Azienda tranviaria aveva inteso sostituire il vecchio mezzo di locomozione a manovella, con un servizio più moderno e adeguato ai tempi, un mezzo maggiormente veloce, con maggior movimento sulle strada e, si pensava, molto più rapido
Lo salutò una folla di curiosi , qualcuno con il “ magone” che usciva dall’espressione triste dello sguardo, molti curiosi e molte autorità .
L’ultimo tram era li immobile, fermo sulle rotaie ancora in funzione, vuoto come non avesse un anima e neppure un cuore, con un aspetto triste, anche se la carrozzeria era stata tirata a lucido, pulita e fresca, quasi che fosse stata riverniciata di fresco.
Qualche vecchio tranviere che aveva passato tutta la vita a girare la manovella, con la mano riparata da una metà di un guanto, osservava la scena con una espressione assorta, quasi trasognata o, forse , delusa .
Il tram è stato uno dei più bei ricordi della mia infanzia, dei miei anni giovanili .
Quando abitavo a S Ruffillo, il tramvai che veniva dal centro, si fermava come capolinea prima del ponte, a ridosso di una antica villa, credo si chiamasse “ villa Piana” e li attendeva l’orario per ripartire nel solito tratto. La prima fermata la faceva alle scuole Tambroni, poi alla località Frasca e via verso il centro. A Chiesa Nuova, in certi giorni della settimana, veniva agganciata una carrozza supplementare che portava la folla fino al centro .
La storia del tram a Bologna inizia nel lontano 1880, quando una società Belga prese in appalto il servizio e dal 15 settembre di quell’ anno, iniziarono a circolare.
Il tratto di marcia della sperimentazione tranviaria era il tratto da Piazza Vittorio Emanuele , ora piazza Maggiore, alla Stazione, un tragitto che si percorreva più velocemente a piedi che con il nuovo mezzo e i suoi stanchi cavalli .
Infatti i tram erano trainati da patetici ronzini, mal nutriti , con le ossa sporgenti tanto è vero che la popolazione prese a protestare vivamente sulla sorte di questi poveri animali che venivano additati alla pietà dei bolognesi. Ci furono infinite protesta alla società Belga tanto è vero che il direttore fu più volte minacciato di brutto e per due volte, poiché non se ne dava per inteso, si prese una bella razione di bastonate dalla popolazione
Capitavano tra l’altro anche vari inconvenienti , come quel pomeriggio che uno dei due cavalli da tiro, “ scioperasse” forse per fame, forse per sfinimento e si inginocchiò sul centro della strada mentre il conducente inveiva con frasi non davvero concilianti .
Un altro inconveniente , era che le ruote uscivano dagli “improvvisati” binari non ancora ben fissati nella carreggiata , ci voleva una buona dose di pazienza per farli rientrare .
A far concorrenza ai tram trainati dai cavalli, vennero gli Omnibus, una specie di diligenza sempre trainata da cavalli, ma molto più veloce e con un servizio rapido .
Bologna era divenuta una città “sperimentale “ per questo mezzo di locomozione e quando nel 1881 tentò di soppiantare il traino dei tram a cavallo con la nuova carrozza a vapore dal nome francese, i bolognesi si misero a ridere di gusto.
I “ cinni” o meglio , i “Birichini “ si divertivano a sabotare questi nuovi mezzi di trasporto del pubblico, con stramberie tutte nuovo , ideate da menti geniali fervide e sagaci. Nelle rotaie appoggiare sul terreno, senza mezzi di fissazione, venivano sbarrate o interrotte con qualche diavoleria, inventata li per li .
Finalmente con l’evento dell’elettricità , anche il servizio tranviario si modificò.
La prima vettura tranviaria a trazione elettrica, azionata dalla corrente vide la luce nel lontano 1904 .
Gli inizi , anche qui non furono molto felici . I bolognesi temevano che sulla piattaforma o seduti nelle panche, si sentissero troppo le scariche elettriche che venivano dal contatto con i fili e ci volle molto tempo per far capire ai viaggiatori che il pericolo non esisteva per niente.
Con l’introduzione dei tram a corrente elettrica, la società si trasformò . Si formò il “parco” tram fuori porta Galliera in località “Zucca” dove terminavano tutte le linee, si fecero corsi per il personale conduttore e bigliettaio e si usò una divisa propria che il personale doveva usare in servizio.
Lentamente il “servizio urbano “ si espanse . Dal centro le rotaie tramviarie incassate nel terreno iniziarono a condurre verso la periferia .
Il primo tratto lungo , fu Bologna centro - Casalecchio.
Questo avvenne nel 1907 quando l’ allora circondario casalecchiese era servito dal famoso
“ Vaporino “ che faceva capolinea in piazza Malpighi e che fu sostituito dalle rotaie del tram, seguito quasi a ruota dal suo “gemello” “ Il Vaporino 2” che portava la folla da Castel S Pietro a Bologna facendo tappa alla porta Maggiore.
Il tram a trazione elettrica divenne la novità che trasformò i percorsi e le abitudini di tutti i bolognesi .
Da “ cinni” ci aggrappavamo all’esterno dei veicoli nelle parti sporgenti, quasi sempre sul predellino, pronti a scendere veloci quando il tram si fermava e il bigliettaio cercava di raggiungerci per una buona e salutare ramanzina Del vecchio tram mi affascinava la grande ruota che era fissa alla piattaforma anteriore e che serviva da freno a mano e, la campanella di avviso , che era in una sporgenza. che usciva vicino al posto di marcia del guidatore il quale l’azionava con un colpo di piede annunciando l’avvicinarsi del mezzo, avviso quasi sempre indirizzato ai possessori di carri trainati con i cavalli che occupavano la carreggiata delle rotaie ..
In molte zone della città, specie dove il tram curvava, capitava che le “rotaie” o per cedimento del terreno adiacente o per la messa in opera troppo frettolosa, emergevano dal suolo stradale di qualche centimetro ed era il pericolo maggiore per le biciclette, i furgoncini e le moto tanto che vi era una tratto di rotaia fuori porta Galliera , verso Casaralta , che era conosciuta come “la rotaia assassina” per i tanti incidenti che causava.
Un tragico esempio della pericolosità di queste rotaie, fù in una edizione della Mille Miglia quando, a porta Zamboni, la pioggia e le rotaie più alte del manto stradale, fece sbandare l’auto di un concorrente causando una carneficina di morti e feriti .
Una altra innovazione si vide in tempo di guerra quando molto personale femminile sostituì quello maschile che era in larga parte al fronte, abituando così i bolognesi a donne che guidavano i colossi o ne assumevano il ruolo di bigliettaie.
Negli anni cinquanta- sessanta , anche il tram elettrico fu sostituito dai “Bus” e più avanti dagli “autobus”.
Tuttavia il ricordo del tram non è scomparso. E di tanto in tanto quando ci rechiamo in altre città come Milano, Roma e si sale sulle vetture che sembrano uscite da epoche che sono solo ricordi, una strana e dolce malinconia ci prende la gola.